Vanni Fucci
W. Blake, Vanni Fucci
Figlio naturale di Fuccio de' Lazzari, pistoiese, fu uomo d'indole violenta e rissosa; guelfo Nero, partecipò alle lotte interne della sua città compiendo razzie e saccheggi e nel 1292 fu al servizio di Firenze contro Pisa, occasione nella quale forse Dante lo conobbe. Nel feb. 1295 il Comune lo condannò in contumacia come ladrone e assassino, ma nell'agosto di quell'anno fu nuovamente a Firenze e compì scorrerie nelle case dei Bianchi. Non ci sono notizie di lui dopo quella data, ma è probabile che morì alla fine del secolo.
Dante lo colloca tra i ladri della VII Bolgia dell'VIII Cerchio dell'Inferno (Canti XXIV-XXV), dove i dannati corrono nudi tra i serpenti e hanno le mani legate dietro la schiena da altre serpi, subendo spesso delle orribili trasformazioni. Dante vede Vanni alla fine del Canto XXIV, quando il peccatore è morso alla nuca da un serpente e si trasforma in cenere, per poi riacquistare subito le sue sembianze umane. Virgilio gli chiede chi sia e Vanni si presenta come pistoiese, spiegando poi a Dante di scontare il furto degli arredi sacri compiuto nel duomo di Pistoia nel 1293 (del fatto non si sa molto, salvo che vi parteciparono anche il notaio Vanni della Monna e Vanni Mironne; del furto fu ingiustamente accusato un certo Rampino di Ranuccio Foresi, che per poco non venne impiccato). Il dannato conclude profetizzando a Dante le sventure dei guelfi Bianchi dopo il suo esilio, con la sconfitta di Pistoia, ultima roccaforte dei Bianchi, ad opera di Moroello Malaspina e aggiunge di averlo detto per far del male al poeta. All'inizio del Canto XXV il ladro fa un gesto osceno pronunciando parole blasfeme contro Dio, per cui una serpe gli si avvolge attorno al collo e lo strozza, impedendogli di dire altro. Dante rivolge un'amara apostrofe contro Pistoia, quindi il dannato si allontana.
Dante lo colloca tra i ladri della VII Bolgia dell'VIII Cerchio dell'Inferno (Canti XXIV-XXV), dove i dannati corrono nudi tra i serpenti e hanno le mani legate dietro la schiena da altre serpi, subendo spesso delle orribili trasformazioni. Dante vede Vanni alla fine del Canto XXIV, quando il peccatore è morso alla nuca da un serpente e si trasforma in cenere, per poi riacquistare subito le sue sembianze umane. Virgilio gli chiede chi sia e Vanni si presenta come pistoiese, spiegando poi a Dante di scontare il furto degli arredi sacri compiuto nel duomo di Pistoia nel 1293 (del fatto non si sa molto, salvo che vi parteciparono anche il notaio Vanni della Monna e Vanni Mironne; del furto fu ingiustamente accusato un certo Rampino di Ranuccio Foresi, che per poco non venne impiccato). Il dannato conclude profetizzando a Dante le sventure dei guelfi Bianchi dopo il suo esilio, con la sconfitta di Pistoia, ultima roccaforte dei Bianchi, ad opera di Moroello Malaspina e aggiunge di averlo detto per far del male al poeta. All'inizio del Canto XXV il ladro fa un gesto osceno pronunciando parole blasfeme contro Dio, per cui una serpe gli si avvolge attorno al collo e lo strozza, impedendogli di dire altro. Dante rivolge un'amara apostrofe contro Pistoia, quindi il dannato si allontana.