Publio Virgilio Marone
Virgilio tra le muse Clio e Melpomene
È il più grande poeta dell'antica Roma (70-19 a.C.), nato da una famiglia di piccoli proprietari terrieri ad Andes (oggi Pietole), nei pressi di Mantova. Ricevette un'accurata educazione grammaticale e si accostò alla filososia epicurea, frequentando una scuola a Napoli. Nel 42 a.C. i triumviri Ottaviano (il futuro imperatore Augusto) e Antonio emanarono un decreto per espropriare alcune terre con cui ricompensare i veterani che avevano combattuto a Filippi contro i cesaricidi Bruto e Cassio, provvedimento che colpì anche Virgilio; riuscì pare a conservare i possedimenti grazie all'intervento di un personaggio potente, forse Asinio Pollione o Ottaviano stesso. Dopo il successo delle Bucoliche, dieci poemetti di tema pastorale pubblicati nel 39 a.C., fu introdotto nella cerchia di Mecenate e aderì al progetto augusteo di restaurazione della pace e della moralità italica, componendo tra 39 e 30 a.C. le Georgiche (poemetto didascalico di argomento agricolo) e dedicandosi poi all'Eneide, il poema epico che narrava la fuga di Enea da Troia e la fondazione da parte dell'eroe della città di Lavinio, nel Lazio. L'opera venne realizzata nel 29-19 a.C. ma non poté essere rifinita in ogni sua parte, in quanto l'autore morì nel 19 a.C. di ritorno da un viaggio in Grecia; nonostante Virgilio avesse raccomandato di bruciarla, gli amici la pubblicarono per volontà di Augusto e l'Eneide divenne il principale poema epico della latinità, consiserata tutt'oggi una delle opere principali della letteratura occidentale. La fama di Virgilio nel Medioevo fu grandissima, diventando ben presto maestro di stile e di poesia e venendo considerato anche un modello di sapienza filosofica, addirittura profeta inconsapevole delle verità cristiane (ciò soprattutto grazie all'Egloga IV, interpretata erroneamente come preannuncio della nascita di Cristo).
Nella Commedia Virgilio compare nel Canto I dell'Inferno, quando soccorre Dante dalle tre fiere nella selva oscura e da lì lo conduce nel viaggio attraverso due dei tre regni dell'Oltretomba (Inferno e Purgatorio). Il poeta latino è allegoria della ragione naturale dei filosofi pagani, in grado di condurre l'uomo alla felicità terrena e al pieno possesso delle quattro virtù cardinali (prudenza, fortezza, temperanza e giustizia): infatti il Virgilio dantesco guida il discepolo sino al Paradiso Terrestre, in cima al monte del Purgatorio, dove il suo posto è preso da Beatrice, allegoria della grazia divina e della teologia rivelata.
Secondo Dante, Virgilio dopo la morte è finito nel Limbo, il I cerchio dell'Inferno dove risiedono le anime dei morti non battezzati e degli uomini virtuosi vissuti prima di Cristo. Qui il poeta latino riceve la visita di Beatrice, che lo prega di soccorrere Dante smarritosi nella selva (Inf., II, 52-120).
In Inf., IX, 25-27 Virgilio dice a Dante che tempo prima era stato evocato dalla maga Eritone, allo scopo di trarre l'anima di un traditore dalla Giudecca, una delle zone del IX cerchio. L'episodio è invenzione dantesca, ma trae spunto da un passo della Pharsalia di Lucano (VI, 508 ss.) dove si dice che la maga tessala Eritone aveva fatto tornare sulla Terra un morto per rivelare a Pompeo l'esito della battaglia di Farsàlo. La circostanza serve probabilmente a Dante per giustificare la conoscenza di Virgilio dei luoghi infernali, mentre il poeta risulterà inesperto del Purgatorio.
Virgilio è definito da Dante suo maestro e modello (Inf., I, 85-87) e ciò è coerente col culto della poesia virgiliana largamente presente nella cultura del Medioevo latino. Il poeta mantovano era infatti considerato una sorta di «mago e profeta del Cristianesimo» già nella tarda antichità, per via della profezia del puer nella celebre IV Egloga, interpretata come preannuncio della venuta di Cristo (in realtà il puer altri non era che il figlio nascituro di Asinio Pollione, protettore del poeta). Dante pensava che Virgilio, così come altri poeti latini, avesse intravisto le verità del Cristianesimo e le avesse espresse nei suoi versi in forma poetica, senza esserne pienamente consapevole. Questa interpretazione in chiave cristiana della letterattura classica è un dato costante della cultura medievale e l'autore della Commedia segue una strada già tracciata prima di lui. Oltre a ciò Virgilio aveva fama anche di essere un saggio e sapiente filosofo, il che spiega perché Dante scelga proprio lui come sua guida per i due terzi del viaggio allegorico.
Dante si rivolge quasi sempre a Virgilio con gli appellativi maestro, duca (cioè «guida») e tra i due si crea nel corso delle prime due Cantiche un rapporto assai stretto, non solo di maestro-discepolo ma addirittura di padre-figlio. Ciò è evidente soprattutto in Purg., XXX, 49-51, quando Virgilio scompare all'apparire di Beatrice ed è definito da Dante dolcissimo patre, prima che il discepolo scoppi in un pianto dirotto per la sua dipartita.
Virgilio allude più volte alla sua permanenza nel Limbo, soprattutto in Purg., I, 76 ss. dove spiega a Catone che proviene dallo stesso cerchio della moglie di lui, Marzia, e poi in Purg., XXII, 94 ss., dove chiede al poeta latino Stazio notizie su Plauto, Terenzio, Cecilio e Varrone, tutti come lui confinati nel Limbo.
Per i numerosi episodi in cui Virgilio è protagonista si rimanda alla Guida relativa ai rispettivi Canti di Inferno e Purgatorio.
Per approfondire, ecco un breve video dal canale YouTube "La Divina Commedia in HD"
Nella Commedia Virgilio compare nel Canto I dell'Inferno, quando soccorre Dante dalle tre fiere nella selva oscura e da lì lo conduce nel viaggio attraverso due dei tre regni dell'Oltretomba (Inferno e Purgatorio). Il poeta latino è allegoria della ragione naturale dei filosofi pagani, in grado di condurre l'uomo alla felicità terrena e al pieno possesso delle quattro virtù cardinali (prudenza, fortezza, temperanza e giustizia): infatti il Virgilio dantesco guida il discepolo sino al Paradiso Terrestre, in cima al monte del Purgatorio, dove il suo posto è preso da Beatrice, allegoria della grazia divina e della teologia rivelata.
Secondo Dante, Virgilio dopo la morte è finito nel Limbo, il I cerchio dell'Inferno dove risiedono le anime dei morti non battezzati e degli uomini virtuosi vissuti prima di Cristo. Qui il poeta latino riceve la visita di Beatrice, che lo prega di soccorrere Dante smarritosi nella selva (Inf., II, 52-120).
In Inf., IX, 25-27 Virgilio dice a Dante che tempo prima era stato evocato dalla maga Eritone, allo scopo di trarre l'anima di un traditore dalla Giudecca, una delle zone del IX cerchio. L'episodio è invenzione dantesca, ma trae spunto da un passo della Pharsalia di Lucano (VI, 508 ss.) dove si dice che la maga tessala Eritone aveva fatto tornare sulla Terra un morto per rivelare a Pompeo l'esito della battaglia di Farsàlo. La circostanza serve probabilmente a Dante per giustificare la conoscenza di Virgilio dei luoghi infernali, mentre il poeta risulterà inesperto del Purgatorio.
Virgilio è definito da Dante suo maestro e modello (Inf., I, 85-87) e ciò è coerente col culto della poesia virgiliana largamente presente nella cultura del Medioevo latino. Il poeta mantovano era infatti considerato una sorta di «mago e profeta del Cristianesimo» già nella tarda antichità, per via della profezia del puer nella celebre IV Egloga, interpretata come preannuncio della venuta di Cristo (in realtà il puer altri non era che il figlio nascituro di Asinio Pollione, protettore del poeta). Dante pensava che Virgilio, così come altri poeti latini, avesse intravisto le verità del Cristianesimo e le avesse espresse nei suoi versi in forma poetica, senza esserne pienamente consapevole. Questa interpretazione in chiave cristiana della letterattura classica è un dato costante della cultura medievale e l'autore della Commedia segue una strada già tracciata prima di lui. Oltre a ciò Virgilio aveva fama anche di essere un saggio e sapiente filosofo, il che spiega perché Dante scelga proprio lui come sua guida per i due terzi del viaggio allegorico.
Dante si rivolge quasi sempre a Virgilio con gli appellativi maestro, duca (cioè «guida») e tra i due si crea nel corso delle prime due Cantiche un rapporto assai stretto, non solo di maestro-discepolo ma addirittura di padre-figlio. Ciò è evidente soprattutto in Purg., XXX, 49-51, quando Virgilio scompare all'apparire di Beatrice ed è definito da Dante dolcissimo patre, prima che il discepolo scoppi in un pianto dirotto per la sua dipartita.
Virgilio allude più volte alla sua permanenza nel Limbo, soprattutto in Purg., I, 76 ss. dove spiega a Catone che proviene dallo stesso cerchio della moglie di lui, Marzia, e poi in Purg., XXII, 94 ss., dove chiede al poeta latino Stazio notizie su Plauto, Terenzio, Cecilio e Varrone, tutti come lui confinati nel Limbo.
Per i numerosi episodi in cui Virgilio è protagonista si rimanda alla Guida relativa ai rispettivi Canti di Inferno e Purgatorio.
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Limbo - Mantova - Napoli - Paradiso Terrestre - Roma - selva oscura
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