Marco Anneo Lucano

Busto di Lucano (Córdoba, Spagna)
Poeta latino vissuto nell'età di Nerone (39-65 d.C.), nipote del filosofo Lucio Anneo Seneca, nacque come lui a Córdoba in Spagna e fu portato ancora piccolo dai genitori a Roma, dove ebbe la sua prima educazione e mostrò un ingegno precocissimo. Studiò ad Atene e al suo rientro nella capitale fu accolto nella cerchia degli amici dell'imperatore Nerone, del quale Lucano cantò le lodi in occasione delle feste Neronia (60 d.C.) ottenendo l'incoronazione poetica. Poco dopo pubblicò i primi tre libri della Pharsalia (opera conosciuta anche col titolo Bellum civile), poema epico sulla guerra tra Cesare e Pompeo che divenne una sorta di manifesto politico antimperiale, per cui si consumò la rottura tra lui e Nerone. Nel 62 Lucano entrò a far parte della congiura dei Pisoni e quando nel 65 la trama venne scoperta, Lucano venne arrestato e confessò, accusando tra l'altro anche la madre. Ricevette l'ordine di suicidarsi e si tagliò le vene, declamando un proprio brano poetico. La tragica fine gli impedì di portare a termine il poema, che rimase incompiuto al X libro (è probabile che il numero dovesse essere di dodici, in ossequio alla tradizione dell'Eneide rispetto alla quale l'opera presenta comunque molte differenze): i primi sette libri raccontano le vicende della guerra fino alla battaglia di Farsàlo, l'ottavo è sulla fine di Pompeo, gli ultimi due narrano le imprese di Catone Uticense in Africa. L'opera è una forte protesta libertaria contro l'assolutismo, presenta uno stile enfatico e declamatorio, contiene varie incongruenze e inesattezze che ne rendono talvolta difficile la lettura; nondimeno, Lucano e il suo poema conobbero grande fama già nell'antichità e durante il Medioevo egli fu considerato tra i principali poeti latini accanto a Virgilio, mentre la sua opera ebbe una vasta trasmissione manoscritta.
Dante lo include tra le anime del Limbo (Inf., IV, 79 ss.), insieme ai poeti Omero, Orazio e Ovidio: l'ordine in cui sono presentati è indicativo probabilmente della gerarchia d'importanza con cui venivano inclusi nel canone medievale (Lucano viene per ultimo dopo gli altri). I quattro si felicitano per il momentaneo ritorno di Virgilio nel Limbo e accolgono nella loro bella scola Dante, che si gloria di essere sesto tra cotanto senno; è assai probabile che essi facciano parte degli «spiriti magni» che albergano nel nobile castello visitato subito dopo, anche se di ciò non vi è cenno esplicito nel poema. In Inf., XXV, 94-96 Dante gareggia esplicitamente con Lucano nel descrivere le orribili trasformazioni dei ladri della VII Bolgia, citando gli episodi di Sabello e Nasidio (Phars., IX, 761 ss.), due soldati dell'esercito di Catone che subiscono delle mostruose metamorfosi dopo essere stati morsi da serpenti nella traversata del deserto libico: Dante si vanta del fatto che il poeta latino non aveva rappresentato una duplice trasmutazione come quella, staordinaria, che a lui è dato osservare (nei versi seguenti sarà citato in modo analogo Ovidio).
Dante lo include tra le anime del Limbo (Inf., IV, 79 ss.), insieme ai poeti Omero, Orazio e Ovidio: l'ordine in cui sono presentati è indicativo probabilmente della gerarchia d'importanza con cui venivano inclusi nel canone medievale (Lucano viene per ultimo dopo gli altri). I quattro si felicitano per il momentaneo ritorno di Virgilio nel Limbo e accolgono nella loro bella scola Dante, che si gloria di essere sesto tra cotanto senno; è assai probabile che essi facciano parte degli «spiriti magni» che albergano nel nobile castello visitato subito dopo, anche se di ciò non vi è cenno esplicito nel poema. In Inf., XXV, 94-96 Dante gareggia esplicitamente con Lucano nel descrivere le orribili trasformazioni dei ladri della VII Bolgia, citando gli episodi di Sabello e Nasidio (Phars., IX, 761 ss.), due soldati dell'esercito di Catone che subiscono delle mostruose metamorfosi dopo essere stati morsi da serpenti nella traversata del deserto libico: Dante si vanta del fatto che il poeta latino non aveva rappresentato una duplice trasmutazione come quella, staordinaria, che a lui è dato osservare (nei versi seguenti sarà citato in modo analogo Ovidio).