Quinto Orazio Flacco
Statua di Orazio a Venosa
Poeta latino vissuto nell'età di Augusto (65-8 a.C.), nacque a Venosa (nell'attuale Basilicata) da un liberto e fu educato a Roma, dove ebbe come maestro Orbilio; frequentò anche la scuola epicurea di Filodemo, in Campania, che influenzò profondamente il suo pensiero e la sua concezione di vita. Recatosi ad Atene per completare gli studi retorici, aderì agli ideali repubblicani e anti-cesariani arruolandosi dopo la morte di Cesare nell'esercito di Bruto, sconfitto nella battaglia di Filippi (42 a.C.). Rientrato in Italia grazie a un'amnistia ma privato del podere di famiglia, fu costretto a lavorare come scriba quaestorius per guadagnarsi da vivere (in questo periodo di difficoltà economiche nacque la poesia aggressiva ed esacerbata degli Epodi). Conobbe poi l'affermato Virgilio, del quale divenne amico e che lo presentò nel 38 a Mecenate: l'ingresso nel suo Circolo fu la svolta della sua carriera letteraria, permettendo ad Orazio di diventare in breve il principale poeta della Roma augustea (Mecenate, con cui strinse sincera amicizia, gli fece dono intorno al 30 di una villa in Sabina, che divenne il suo rifugio e l'angolo appartato dei suoi otia letterari). Oltre ai già citati Epodi, fu autore anche di due libri di Satire, di tono più bonario e ironico, di quattro libri di Odi, la principale raccolta di poesia lirica della letteratura latina, e di due libri di Epistole in versi. Delle Odi fa parte anche il Carmen saeculare, composto su invito di Augusto e destinato a celebrare la grandezza romana, mentre fra le Epistole rientra la famosa Ars poetica. Morì il 27 nov. dell'8 a.C., due giorni dopo Mecenate, e fu sepolto sull'Esquilino presso il tumulo del grande consigliere dell'imperatore.
Dante lo include tra le anime del Limbo (Inf., IV, 79 ss.), insieme ai poeti Omero, Ovidio e Lucano: i quattro erano considerati nel Medioevo come i principali poeti dell'antichità dopo Virgilio, al di là dei loro effettivi meriti (questo vale soprattutto per Ovidio e Lucano, da Dante molto sopravvalutati a fronte del loro effettivo valore), e l'ordine in cui sono presentati è indicativo probabilmente della gerarchia d'importanza con cui venivano inclusi nel canone (Orazio viene subito dopo Virgilio e Omero). Orazio è definito satiro in riferimento ai Sermones (il titolo latino delle Satire) che è probabilmente l'unica sua opera di cui Dante aveva una certa conoscenza, mentre è assai dubbio che lo ricordasse come autore anche delle Odi. I quattro si felicitano per il momentaneo ritorno di Virgilio nel Limbo e accolgono nella loro bella scola Dante, che si gloria di essere sesto tra cotanto senno; è assai probabile che essi facciano parte degli «spiriti magni» che albergano nel nobile castello visitato subito dopo, anche se di ciò non vi è cenno esplicito nel poema. Nonostante l'importanza che ad Orazio veniva attribuita nel Medioevo, e che è comunque di gran lunga inferiore al suo contemporaneo Virgilio, scarsi sono i riferimenti alla sua poesia nella Commedia.
Dante lo include tra le anime del Limbo (Inf., IV, 79 ss.), insieme ai poeti Omero, Ovidio e Lucano: i quattro erano considerati nel Medioevo come i principali poeti dell'antichità dopo Virgilio, al di là dei loro effettivi meriti (questo vale soprattutto per Ovidio e Lucano, da Dante molto sopravvalutati a fronte del loro effettivo valore), e l'ordine in cui sono presentati è indicativo probabilmente della gerarchia d'importanza con cui venivano inclusi nel canone (Orazio viene subito dopo Virgilio e Omero). Orazio è definito satiro in riferimento ai Sermones (il titolo latino delle Satire) che è probabilmente l'unica sua opera di cui Dante aveva una certa conoscenza, mentre è assai dubbio che lo ricordasse come autore anche delle Odi. I quattro si felicitano per il momentaneo ritorno di Virgilio nel Limbo e accolgono nella loro bella scola Dante, che si gloria di essere sesto tra cotanto senno; è assai probabile che essi facciano parte degli «spiriti magni» che albergano nel nobile castello visitato subito dopo, anche se di ciò non vi è cenno esplicito nel poema. Nonostante l'importanza che ad Orazio veniva attribuita nel Medioevo, e che è comunque di gran lunga inferiore al suo contemporaneo Virgilio, scarsi sono i riferimenti alla sua poesia nella Commedia.