Publio Papinio Stazio
L. Signorelli, Stazio
Poeta latino vissuto nell'età dei Flavi (45-96 d.C.), era nativo di Napoli e figlio di un grammatico e maestro di retorica; venuto presto a Roma, partecipò alle gare poetiche in uso a quel tempo e divenne uno dei più attivi poeti alla corte dell'imperatore Domiziano. Amareggiato per l'insuccesso nell'agone capitolino (forse nel 94) e per ragioni di salute, tornò a Napoli dove rimase sino alla morte, salvo brevi ritorni nella capitale. Fu poeta epico e l'opera sua principale è la Tebaide, poema ispirato nella struttura all'Eneide di Virgilio (la completò forse già nel 92 e la dedicò a Domiziano); nel 95 iniziò l'Achilleide, ma l'opera restò incompiuta a causa della morte (ne compose un libro e mezzo). Scrisse anche le Silvae, cinque libri di liriche d'occasione in metro vario. Grande è stata la sua fama nel Medioevo e la diffusione della Tebaide spiega la fioritura delle «storie tebane» in Francia, Inghilterra (si pensi a Chaucer) e Italia (Boccaccio).
Dante lo introduce nel Canto XXI del Purgatorio, fra i penitenti che scontano il peccato di prodigalità nella V Cornice, nel momento in cui ha cessato di espiare la pena: un forte terremoto scuote tutto il monte e le anime dei penitenti intonano a una voce il Gloria. All'inizio del XXI è Stazio a presentarsi a Dante e Virgilio, senza rivelare dapprima il proprio nome e spiegando la ragione del terremoto (è il segno che un'anima ha completato il suo percorso di purificazione e può accedere al Paradiso Terrestre).
Stazio spiega anche che il Purgatorio è immune dai fenomeni atmosferici terrestri, tra i quali si pensava rientrassero anche i terremoti. Egli è rimasto più di cinquecento anni nella V Cornice, finché ha completato l'espiazione e la giustizia divina gli ha consentito di abbandonare la sua pena. Alla domanda di Virgilio sulla sua identità, il penitente rivela di essere vissuto al tempo dell'imperatore Tito e di essere nato a Tolosa (Dante probabilmente lo confondeva in parte col retore L. Stazio Ursolo), da dove giunse a Roma e si dedicò alla composizione dei suoi poemi epici. Il poeta afferma poi di aver avuto come modello Virgilio e quando apprende di averlo davanti si china ad abbracciargli i piedi e a rendergli omaggio.
Nel Canto XXII Stazio spiega che ha peccato di prodigalità e di essersi redento leggendo il libro III dell'Eneide, ovvero il passo in cui Virgilio condanna la «esecranda fame dell'oro» (Dante equivoca il senso del passo e lo interpreta come una lode alla «santa brama dell'oro», cioè quando è moderata). Il poeta latino risponde poi al dubbio di Virgilio, che lo sapeva pagano e si stupisce di vederlo salvo, e spiega di essersi convertito al Cristianesimo leggendo un altro brano di Virgilio, ovvero l'Egloga IV in cui è profetizzato l'avvento del puer (che naturalmente non è Cristo, come si pensava nel Medioevo, ma il figlio nascituro di Asinio Pollione). Stazio era dunque cristiano, ma per timore delle persecuzioni di Domiziano lo tenne nascosto e di ciò ha scontato la pena nella IV Cornice, fra gli accidiosi.
Stazio accompagnerà i due viaggiatori nel loro successivo percorso, dapprima nella VI Cornice dei golosi (XXIII-XXIV, dove avverrà il famoso incontro con Bonagiunta da Lucca e il discorso relativo allo Stilnovo), poi, prima di salire alla VII Cornice dei lussuriosi, spiegherà a Dante la teoria della generazione dell'anima (XXV). I tre poeti giungeranno insieme al Paradiso Terrestre (XXVII), dove Dante incontrerà Matelda (XXVIII) che spigherà loro che i poeti antichi, forse, avevano intravisto questo luogo quando cantarono dell'età dell'oro, parole che fanno sorridere sia VIrgilio che Stazio. Dopo la venuta di Beatrice e la scomparsa di Virgilio, Stazio sarà ancora insieme a Dante durante la processione simbolica (XXXII), quindi accompagnerà Dante nelle acque dell'Eunoè (XXXIIII) per il rito che precederà la sua ascesa in Paradiso insieme a Beatrice.
Attraverso questo personaggio Dante svolge un ampio discorso intorno alla poesia e alla sua altissima funzione, civile e spirituale: Stazio è divenuto poeta grazie all'esempio di Virgilio, leggendo le sue opere si è dapprima pentito dei suoi peccati e in seguito convertito al Cristianesimo, quindi la poesia è stata per lui fonte di salvezza. Non è un caso che gli altri personaggi incontrati successivamente siano tutti poeti, da Forese Donati (con cui Dante farà piuttosto un discorso politico), a Bonagiunta, a Guido Guinizelli, ad Arnaut Daniel, mentre anche Matelda afferma che la descrizione classica dell'aetas aurea altro non era che il travestimento poetico dell'Eden, avvalorando quella interpretazione in chiave cristiana che il Medioevo faceva della poesia latina.
Questo vale anche per Virgilio, divenuto «mago e profeta del Cristianesimo» per l'errata lettura dell'Egloga IV, mentre Stazio diventa cristiano grazie al magistero dello stesso autore dell'Eneide, benché ovviamente ciò sia in contrasto con la verità storica. Il poeta latino diventa così l'ennesimo esempio dell'imperscrutabile giustizia divina, che presenta altri casi di salvezza inaspettata o scandalosa: da Catone Uticense, a Manfredi, a Rifeo e Traiano in Paradiso.
Dante lo introduce nel Canto XXI del Purgatorio, fra i penitenti che scontano il peccato di prodigalità nella V Cornice, nel momento in cui ha cessato di espiare la pena: un forte terremoto scuote tutto il monte e le anime dei penitenti intonano a una voce il Gloria. All'inizio del XXI è Stazio a presentarsi a Dante e Virgilio, senza rivelare dapprima il proprio nome e spiegando la ragione del terremoto (è il segno che un'anima ha completato il suo percorso di purificazione e può accedere al Paradiso Terrestre).
Stazio spiega anche che il Purgatorio è immune dai fenomeni atmosferici terrestri, tra i quali si pensava rientrassero anche i terremoti. Egli è rimasto più di cinquecento anni nella V Cornice, finché ha completato l'espiazione e la giustizia divina gli ha consentito di abbandonare la sua pena. Alla domanda di Virgilio sulla sua identità, il penitente rivela di essere vissuto al tempo dell'imperatore Tito e di essere nato a Tolosa (Dante probabilmente lo confondeva in parte col retore L. Stazio Ursolo), da dove giunse a Roma e si dedicò alla composizione dei suoi poemi epici. Il poeta afferma poi di aver avuto come modello Virgilio e quando apprende di averlo davanti si china ad abbracciargli i piedi e a rendergli omaggio.
Nel Canto XXII Stazio spiega che ha peccato di prodigalità e di essersi redento leggendo il libro III dell'Eneide, ovvero il passo in cui Virgilio condanna la «esecranda fame dell'oro» (Dante equivoca il senso del passo e lo interpreta come una lode alla «santa brama dell'oro», cioè quando è moderata). Il poeta latino risponde poi al dubbio di Virgilio, che lo sapeva pagano e si stupisce di vederlo salvo, e spiega di essersi convertito al Cristianesimo leggendo un altro brano di Virgilio, ovvero l'Egloga IV in cui è profetizzato l'avvento del puer (che naturalmente non è Cristo, come si pensava nel Medioevo, ma il figlio nascituro di Asinio Pollione). Stazio era dunque cristiano, ma per timore delle persecuzioni di Domiziano lo tenne nascosto e di ciò ha scontato la pena nella IV Cornice, fra gli accidiosi.
Stazio accompagnerà i due viaggiatori nel loro successivo percorso, dapprima nella VI Cornice dei golosi (XXIII-XXIV, dove avverrà il famoso incontro con Bonagiunta da Lucca e il discorso relativo allo Stilnovo), poi, prima di salire alla VII Cornice dei lussuriosi, spiegherà a Dante la teoria della generazione dell'anima (XXV). I tre poeti giungeranno insieme al Paradiso Terrestre (XXVII), dove Dante incontrerà Matelda (XXVIII) che spigherà loro che i poeti antichi, forse, avevano intravisto questo luogo quando cantarono dell'età dell'oro, parole che fanno sorridere sia VIrgilio che Stazio. Dopo la venuta di Beatrice e la scomparsa di Virgilio, Stazio sarà ancora insieme a Dante durante la processione simbolica (XXXII), quindi accompagnerà Dante nelle acque dell'Eunoè (XXXIIII) per il rito che precederà la sua ascesa in Paradiso insieme a Beatrice.
Attraverso questo personaggio Dante svolge un ampio discorso intorno alla poesia e alla sua altissima funzione, civile e spirituale: Stazio è divenuto poeta grazie all'esempio di Virgilio, leggendo le sue opere si è dapprima pentito dei suoi peccati e in seguito convertito al Cristianesimo, quindi la poesia è stata per lui fonte di salvezza. Non è un caso che gli altri personaggi incontrati successivamente siano tutti poeti, da Forese Donati (con cui Dante farà piuttosto un discorso politico), a Bonagiunta, a Guido Guinizelli, ad Arnaut Daniel, mentre anche Matelda afferma che la descrizione classica dell'aetas aurea altro non era che il travestimento poetico dell'Eden, avvalorando quella interpretazione in chiave cristiana che il Medioevo faceva della poesia latina.
Questo vale anche per Virgilio, divenuto «mago e profeta del Cristianesimo» per l'errata lettura dell'Egloga IV, mentre Stazio diventa cristiano grazie al magistero dello stesso autore dell'Eneide, benché ovviamente ciò sia in contrasto con la verità storica. Il poeta latino diventa così l'ennesimo esempio dell'imperscrutabile giustizia divina, che presenta altri casi di salvezza inaspettata o scandalosa: da Catone Uticense, a Manfredi, a Rifeo e Traiano in Paradiso.
Personaggi e luoghi collegati
Arnaut Daniel - Beatrice - A. Cappellano - Catone Uticense - Forese Donati - Giraut de Bornelh - Guido Guinizelli - Matelda - Omero
Orazio - Ovidio - Lucano - Virgilio
IV Cornice - V Cornice - Limbo - Paradiso Terrestre - Roma
Arnaut Daniel - Beatrice - A. Cappellano - Catone Uticense - Forese Donati - Giraut de Bornelh - Guido Guinizelli - Matelda - Omero
Orazio - Ovidio - Lucano - Virgilio
IV Cornice - V Cornice - Limbo - Paradiso Terrestre - Roma