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Sordello da Goito

È il più celebre dei cosiddetti trovatori italiani, nato a Goito (in territorio mantovano) all'inizio del XIII sec. Di famiglia nobile ma decaduta, fin da giovane frequentò la corte del conte Riccardo di S. Bonifacio, allora signore di Verona; ne celebrò la moglie Cunizza, sorella di Ezzelino da Romano, di cui pare fosse invaghito e che poi rapì o della quale agevolò la fuga, d'accordo coi fratelli di lei. Fu poi in varie corti in Italia, andando in Provenza alla corte di Raimondo Berengario IV e passando in seguito al servizio di Carlo I d'Angiò, col quale tornò in Italia dove ebbe da lui in dono alcuni feudi negli Abruzzi (1269). Morì non molto dopo tale data. Durante il soggiorno in Provenza perfezionò la conoscenza della lingua occitanica e scrisse il suo componimento più famoso, il Compianto in morte di Ser Blacatz (1236), una satira-invettiva in cui passa in rassegna i maggiori personaggi politici del tempo biasimandone la codardia e invitandoli a cibarsi del cuore di Blacatz per acquistarne la virtù e il coraggio (ciò ricalca in parte lo schema del planh provenzale). È citato da Dante nel De vulgari eloquentia (I, 15, 2) come poeta illustre ed esempio di chi si è allontanato dal proprio volgare municipale: tantus eloquentie vir existens, non solum in poetando sed quomodocunque loquendo patrium vulgare deseruit («essendo un uomo di grande eloquenza, non solo si allontanò dal volgare della sua patria poetando, ma anche parlando in ogni occasione»).
Dante lo include tra le anime del secondo balzo dell'Antipurgatorio, anche se non è chiaro a quale gruppo appartenga: certo non ai pigri, che compaiono nel primo balzo, forse ai morti per forza (per quanto nulla si sappia di una sua morte violenta) o addirittura ai principi negligenti della valletta, che è lui stesso a passare in rassegna e ai quali forse può essere accostato per aver avuto alla fine della sua vita dei feudi da amministrare. Alcuni studiosi ritengono che non faccia parte di alcuna schiera in particolare.
Il personaggio compare a metà del Canto VI del Purgatorio, quando Dante si è sottratto alla calca dei morti per forza. L'anima, che se ne sta separata dagli altri e con atteggiamento altezzoso, è indicata da Virgilio che le si avvicina per chiedere indicazioni sul percorso. Il penitente non risponde alla domanda, anzi chiede a sua volta i nomi e la provenienza dei due poeti: appena Virgilio inizia a dire «Mantova...» lo spirito corre ad abbracciarlo e si presenta come Sordello, suo compatriota (ciò provoca la violenta invettiva di Dante contro l'Italia).
Nel Canto VII Virglio si presenta a Sordello, il quale dopo un attimo di stupore si china ad abbracciare le ginocchia del poeta latino, in segno di ammirazione. Sordello chiede poi a Virgilio da quale Cerchio infernale giunga e l'altro risponde di non aver peccato se non mancando di fede, per cui è relegato nel Limbo dove non soffre pene; poi chiede all'anima di indicare il punto in cui è possibile raggiungere la porta del Purgatorio. Sordello spiega che egli può vagare liberamente, anche se è vicino il tramonto e non è possibile salire di notte: lì vicino ci sono delle anime separate dalle altre e, se Virgilio acconsente, li condurrà lì. Virgilio chiede ulteriori spiegazioni e Sordello spiega che il volere divino impedisce di salire con le tenebre, poiché le anime rischierebbero addirittura di tornare in basso. Virgilio prega dunque Sordello di condurli dove ha detto e i tre raggiungono un'amena valletta scavata nel monte, dove l'erba è verde e profumata e dove ci sono fiori di ogni colore. Molte anime cantano il Salve, Regina e Sordello si offre di mostrarle ai due poeti senza scendere nella valletta, perché dall'alto le potranno vedere meglio: sono le anime dei principi negligenti, che il trovatore mantovano indica a una a una, biasimando soprattutto i vizi dei loro successori sulla Terra.
Nel Canto VIII, giunto ormai il tramonto, una delle anime intona il Te lucis ante, imitata dalle altre che poi guardano in alto: giungono due angeli armati di spada e Sordello spiega a Dante e Virgilio che essi giungono dal grembo di Maria a proteggere la valletta dal serpente che verrà di lì a poco. Sordello invita i due a scendere tra le anime e una di queste (Nino Visconti) riconosce Dante e scambia con lui parole affettuose: Dante spiega di essere ancora vivo, il che suscita l'ammirazione sua e di Sordello. Dopo un breve colloquio tra Dante e il Visconti e dopo che Dante ha visto tre stelle brillare in cielo (le virtù teologali), Sordello indica a Virgilio l'arrivo del serpente che striscia nell'erba: i due angeli volano sopra di esso e lo mettono in fuga. In seguito Dante ha un colloquio con Corrado Malaspina.
Nel Canto IX, dopo che Dante si è addormentato e ha fatto il sogno premonitore, si risveglia accanto alla porta del Purgatorio e Virgilio gli spiega che santa Lucia lo ha preso tra le braccia mentre dormiva e lo ha trasportato lì, mentre Sordello e le altre anime sono rimaste nella valletta.



Personaggi e luoghi collegati
Carlo I d'Angiò - Cunizza da Romano - Corrado Malaspina - morti per forza - principi negligenti - Virgilio - Nino Visconti  
Mantova - Verona - Antipurgatorio - spiaggia del Purgatorio - valletta - porta del Purgatorio 
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