Nino Visconti
Cittadino di Pisa fra i più potenti, fu giudice di Gallura, in Sardegna, dove succedette al padre Giovanni dal 1271 al 1298 (il suo nome era forse Ugolino). Fu associato al governo pisano dal nonno materno, Ugolino della Gherardesca, e i due, col titolo di «rettori e governatori del Comune», operarono una serie di riforme che favorivano il basso ceto artigiano e rafforzavano il governo signorile della città. Inimicatosi col nonno, fu cacciato da Pisa nel 1288 ad opera dell'arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini e della nobiltà ghibellina. Nel 1293 divenne capo della Taglia Guelfa e fu più volte a Firenze, dove forse incontrò Dante. In Sardegna (1294) si alleò con i Sassaresi, i Malaspina e con Branca Doria e cercò di impossessarsi anche dell'Arborea. Morì nel 1298.
Dante lo include fra i principi negligenti della valletta dell'Antipurgatorio, descritta nel Canto VIII del Purgatorio. Dopo l'arrivo dei due angeli armati di spada, il poeta scende nella valle e incontra l'anima di Nino, che lo osserva credendo di riconoscerlo. Quando i due si sono in effetti riconosciuti si salutano con affetto e il Visconti chiede a Dante quando sia giunto in Purgatorio. Il poeta risponde di essere ancor vivo, il che suscita la viva meraviglia del penitente: questi lo prega, una volta che sarà tornato sulla Terra, di dire alla figlia Giovanna di pregare per lui, in quanto la moglie (Beatrice d'Este) si è ormai risposata e non si cura più di lui, anche se si pentirà delle sue nuove nozze (aveva sposato nel 1300 Galeazzo Visconti, signore di Milano, cacciato dalla città nel 1302 e seguito in esilio dalla moglie). Nino conclude dicendo che lo stemma dei Milanesi non ornerà la tomba della moglie come avrebbe fatto quello dei Pisani (in realtà Beatrice, che morì nel 1334, volle che sulla sua tomba comparissero entrambi gli stemmi, forse influenzata dalla lettura del Canto dantesco).
Dante lo include fra i principi negligenti della valletta dell'Antipurgatorio, descritta nel Canto VIII del Purgatorio. Dopo l'arrivo dei due angeli armati di spada, il poeta scende nella valle e incontra l'anima di Nino, che lo osserva credendo di riconoscerlo. Quando i due si sono in effetti riconosciuti si salutano con affetto e il Visconti chiede a Dante quando sia giunto in Purgatorio. Il poeta risponde di essere ancor vivo, il che suscita la viva meraviglia del penitente: questi lo prega, una volta che sarà tornato sulla Terra, di dire alla figlia Giovanna di pregare per lui, in quanto la moglie (Beatrice d'Este) si è ormai risposata e non si cura più di lui, anche se si pentirà delle sue nuove nozze (aveva sposato nel 1300 Galeazzo Visconti, signore di Milano, cacciato dalla città nel 1302 e seguito in esilio dalla moglie). Nino conclude dicendo che lo stemma dei Milanesi non ornerà la tomba della moglie come avrebbe fatto quello dei Pisani (in realtà Beatrice, che morì nel 1334, volle che sulla sua tomba comparissero entrambi gli stemmi, forse influenzata dalla lettura del Canto dantesco).
Personaggi e luoghi collegati
Carlo I d'Angiò - Corrado Malaspina - Manfredi - Filippo il Bello - principi negligenti - Sordello - Ugolino - Virgilio
Firenze - Mantova - Napoli - Roma - Pisa - Antipurgatorio - spiaggia del Purgatorio - valletta - porta del Purgatorio
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