Filippo IV il Bello

Ritratto di Filippo il Bello (XIV sec.)
Re di Francia dal 1285 al 1314, appoggiò gli Angioini contro gli
Aragonesi nella guerra del Vespro in Sicilia e in seguito si oppose a
papa Bonifacio VIII
per la sua decisione di riscuotere le imposte anche dai membri del
clero. Il contrasto divenne insanabile in seguito alla bolla Unam sanctam
del papa (18 nov. 1302) che affermava il primato pontificio, al che
Filippo rispose con la violenza inviando Guglielmo di Nogaret in Italia:
l'inviato del re fece prigioniero Bonifacio grazie all'aiuto dei
Colonna nel celebre episodio dell'oltraggio di Anagni (1303). Morto
Bonifacio e dopo il breve pontificato di Benedetto XI, Filippo ottenne
l'elezione di un papa a lui favorevole (il guascone Clemente V) che cedette alle sue pressioni e trasferì la Curia ad Avignone, avallando poi la soppressione dei Templari voluta dal re per confiscarne le immense ricchezze.
Dante cita indirettamente Filippo varie volte nel poema senza farne mai il nome, sempre in termini estremamente polemici per il suo contrasto con la Chiesa e la sua decisione di iniziare la cosiddetta «cattività avignonese». In Inf., XIX, 85-87 il papa simoniaco Niccolò III predice la dannazione di Clemente V e dice che questi avrà il favore di chi Francia regge, ovvero Filippo il Bello. In Purg., VII, 109 ss. Sordello indica tra i principi negligenti della valletta Filippo III l'Ardito e Enrico I di Navarra, rispettivamente padre e suocero di Filippo il Bello: entrambi sanno la vita sua viziata e lorda e se ne rammaricano (il primo battendosi il petto e il secondo sospirando: Filippo è definito mal di Francia). In Purg., XX, 85 ss. Ugo Capeto predice l'oltraggio di Anagni definendo Filippo novo Pilato, avendo portato le sue brame e la sua cupidigia dentro il Tempio, ovvero la Chiesa (allusione alla soppressione dell'ordine dei Templari). In XXXII, 148-160 nella processione simbolica nell'Eden Filippo viene rappresentato come un gigante che tiene avvinta a sé una puttana sciolta (la Curia papale): nel momento in cui questa rivolge il suo sguardo cupido a Dante, il gigante la frusta da capo a piedi e trascina con sé nella foresta il carro che raffigura la Chiesa, con allusione alla cattività avignonese (il gigante che con lei delinque è citato anche in XXXIII, 43-45, quando Beatrice predice la venuta del DXV). Infine, in Par., XIX, 118-120 l'aquila cita vari esempi di principi cristiani malvagi, tra cui Filippo di cui si dice che arreca danno alla Francia coniando moneta falsa e alludendo alla sua singolare morte (il re morì durante una battuta di caccia, a causa di un cinghiale che lo fece cadere da cavallo: l'aquila predice che morrà di colpo di cotenna, forse perché Dante credeva erroneamente che il re fosse stato colpito dalle zanne dell'animale).
Dante cita indirettamente Filippo varie volte nel poema senza farne mai il nome, sempre in termini estremamente polemici per il suo contrasto con la Chiesa e la sua decisione di iniziare la cosiddetta «cattività avignonese». In Inf., XIX, 85-87 il papa simoniaco Niccolò III predice la dannazione di Clemente V e dice che questi avrà il favore di chi Francia regge, ovvero Filippo il Bello. In Purg., VII, 109 ss. Sordello indica tra i principi negligenti della valletta Filippo III l'Ardito e Enrico I di Navarra, rispettivamente padre e suocero di Filippo il Bello: entrambi sanno la vita sua viziata e lorda e se ne rammaricano (il primo battendosi il petto e il secondo sospirando: Filippo è definito mal di Francia). In Purg., XX, 85 ss. Ugo Capeto predice l'oltraggio di Anagni definendo Filippo novo Pilato, avendo portato le sue brame e la sua cupidigia dentro il Tempio, ovvero la Chiesa (allusione alla soppressione dell'ordine dei Templari). In XXXII, 148-160 nella processione simbolica nell'Eden Filippo viene rappresentato come un gigante che tiene avvinta a sé una puttana sciolta (la Curia papale): nel momento in cui questa rivolge il suo sguardo cupido a Dante, il gigante la frusta da capo a piedi e trascina con sé nella foresta il carro che raffigura la Chiesa, con allusione alla cattività avignonese (il gigante che con lei delinque è citato anche in XXXIII, 43-45, quando Beatrice predice la venuta del DXV). Infine, in Par., XIX, 118-120 l'aquila cita vari esempi di principi cristiani malvagi, tra cui Filippo di cui si dice che arreca danno alla Francia coniando moneta falsa e alludendo alla sua singolare morte (il re morì durante una battuta di caccia, a causa di un cinghiale che lo fece cadere da cavallo: l'aquila predice che morrà di colpo di cotenna, forse perché Dante credeva erroneamente che il re fosse stato colpito dalle zanne dell'animale).
Personaggi e luoghi collegati
Arrigo VII di Lussemburgo - Beatrice - Bonifacio VIII - Carlo I d'Angiò - Clemente V - Niccolò III - simoniaci - Ugo Capeto
Avignone
Arrigo VII di Lussemburgo - Beatrice - Bonifacio VIII - Carlo I d'Angiò - Clemente V - Niccolò III - simoniaci - Ugo Capeto
Avignone