Arrigo (Enrico) VII di Lussemburgo
Tomba di Arrigo, Duomo di Pisa
Imperatore del Sacro Romano Impero, fu eletto ad Aquisgrana nel 1308 e scese in Italia nel 1310 su invito di papa Clemente V, nella speranza di porre fine alle contese fra Guelfi e Ghibellini e ristabilire l'autorità imperiale sui Comuni ribelli dell'italia del Nord. Il tentativo non andò a buon fine, sia per la debolezza del sovrano, sia per il tradimento del papa che istigò contro di lui l'opposizione del partito guelfo e di varie città, tra cui Firenze. Morì improvvisamente il 24 agosto 1313, a Buonconvento presso Siena.
Dante si accese di entusiasmo alla sua discesa in Italia e nutrì la speranza di poter rientrare a Firenze, poi rimasta delusa. Al sovrano indirizzò l'Epistola VII, in cui lo esortava con furore biblico a non recedere dai suoi propositi di restaurazione imperiale (nel 1310-1313 compose probabilmente il trattato sulla Monarchia).
Nella Commedia Arrigo è più volte citato, sempre in termini molto positivi: alcuni hanno pensato a lui come il personaggio cui si allude col «veltro» (Inf., Canto I, 100 ss.) e col «DXV» (Purg., XXXIII, 37 ss.), mentre in Par., XVII, 82 Cacciaguida parlerà dell'inganno da lui subìto ad opera del Guasco (papa Clemente V). Più avanti, in XXX, 133-148, Beatrice mostrerà a Dante un seggio vuoto nella candida rosa dei beati su cui è posta una corona, spiegando che esso è già destinato all'alto Arrigo. L'imperatore, profetizza Beatrice, scenderà in Italia per ristabilirne il buon governo quando il paese non sarà ancora pronto a riceverlo e lo caccerà come un neonato che muore di fame e allontana la balia, a causa della cieca cupidigia.
Dante si accese di entusiasmo alla sua discesa in Italia e nutrì la speranza di poter rientrare a Firenze, poi rimasta delusa. Al sovrano indirizzò l'Epistola VII, in cui lo esortava con furore biblico a non recedere dai suoi propositi di restaurazione imperiale (nel 1310-1313 compose probabilmente il trattato sulla Monarchia).
Nella Commedia Arrigo è più volte citato, sempre in termini molto positivi: alcuni hanno pensato a lui come il personaggio cui si allude col «veltro» (Inf., Canto I, 100 ss.) e col «DXV» (Purg., XXXIII, 37 ss.), mentre in Par., XVII, 82 Cacciaguida parlerà dell'inganno da lui subìto ad opera del Guasco (papa Clemente V). Più avanti, in XXX, 133-148, Beatrice mostrerà a Dante un seggio vuoto nella candida rosa dei beati su cui è posta una corona, spiegando che esso è già destinato all'alto Arrigo. L'imperatore, profetizza Beatrice, scenderà in Italia per ristabilirne il buon governo quando il paese non sarà ancora pronto a riceverlo e lo caccerà come un neonato che muore di fame e allontana la balia, a causa della cieca cupidigia.
Personaggi e luoghi collegati
Beatrice - Bonifacio VIII - Cacciaguida - Carlo I d'Angiò - Clemente V - Filippo il Bello - veltro
Firenze - Roma
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