Cacciaguida
G. di Paolo, Il Canto XV del 'Paradiso'
Trisavolo di Dante, di cui si hanno scarse notizie a parte quelle fornite dal poeta stesso nei Canti del Paradiso in cui compare. Doveva essere nato alla fine dell'XI sec. a Firenze,
da una famiglia di antica nobiltà. Ebbe due figli, Preitenitto e
Alighiero, e seguì l'imperatore Corrado III nella Seconda Crociata,
durante la quale morì (forse nel 1147) combattendo contro i Musulmani in
Terrasanta.
Dante lo colloca fra gli spiriti combattenti che si manifestano nel V Cielo del Paradiso, sotto l'influsso di Marte; il personaggio è introdotto nei Canti XV, XVI, XVII e XVIII del Paradiso, in posizione centrale nella Cantica data l'importanza delle parole che rivolgerà al poeta. Nel Canto XV Cacciaguida appare come una delle luci che formano la figura della croce, dalla quale si muove venendo incontro a Dante e rivolgendosi a lui come suo antenato. Il beato non rivela subito il proprio nome, ma dopo alcune parole incomprensibili a Dante egli invita il poeta a domandare liberamente. Dante gli chiede di manifestarsi e Cacciaguida afferma che suo figlio, Alighiero I (bisnonno del poeta) si trova da più di cent'anni nella I Cornice del Purgatorio. Prosegue poi delineando un quadro idilliaco dell'antica Firenze, città dai costumi austeri e pudichi dove la vita era sobria e operosa, nella quale Cacciaguida nacque e fu battezzato. Dopo aver detto il proprio nome, il beato dichiara che ebbe come fratelli Moronto ed Eliseo e di aver sposato una donna della Valpadana; racconta poi di essere partito per la Crociata, in cui morì per mano di quella gente turpa, giungendo da quel martirio direttamente al Paradiso.
Nel Canto XVI Dante chiede all'avo notizie dei suoi antenati, dell'epoca della sua nascita, della popolazione di Firenze e delle più importanti famiglie di quei tempi. Cacciaguida risponde di essere nato nel 1091, nel Sesto di Porta San Pietro (punto centrale della città); a quel tempo la popolazione fiorentina atta alle armi era un quinto di quella coeva a Dante e non c'era commistione tra le famiglie cittadine e quelle del contado, origine di gran parte dei mali della città. Il beato conclude con una carrellata delle principali famiglie fiorentine, accennando al declino e alla fine di alcune di esse.
Nel Canto XVII, centrale nella Cantica, Dante chiede infine a Cacciaguida notizie sulla sua vita futura, in particolare dell'esilio che più volte gli è stato predetto in modo oscuro all'Inferno e nel Purgatorio. L'avo risponde spiegando dettagliatamente a Dante le circostanze in cui dovrà lasciare Firenze e il fatto che sarà costretto a cercare il sostegno e la protezione di vari signori. Ben farà Dante a separarsi dagli altri esuli, sconfitti nella battaglia della Lastra, mentre lui troverà rifugio a Verona, presso i Della Scala e in particolare presso Cangrande, che mostrerà presto mirabili virtù.
A questo punto Dante è colto da un altro dubbio: se sarà costretto all'esilio e dovrà dipendere dall'aiuto di personaggi potenti, dovrà manifestare tutto ciò che ha visto nel suo viaggio col rischio di attirarsi inimicizie? Del resto, se sarà testimone reticente, teme di non ottenere la fama imperitura. Cacciaguida risponde in modo chiaro, dicendo a Dante che dovrà rivelare ogni cosa, anche se ciò all'inizio dispiacerà a più persone. Il suo ammonimento sarà come un vento che dovrà colpire le cime più alte e ciò sarà un grande titolo di onore; del resto, solo attraverso esempi noti a tutti potrà fissare nella mente dei lettori l'insegnamento affidato al suo poema.
Nel Canto XVIII, dopo che Dante ha meditato sulle parole del beato, Cacciaguida gli indica altri spiriti che sono insieme con lui nella croce e che si muoveranno ruotando. L'avo nomina Giosuè, Maccabeo, Carlo Magno, Orlando, Guglielmo d'Orange, Renoardo, Goffredo di Buglione e Roberto Guiscardo. Infine anche Cacciaguida si muove e si unisce, cantando, agli altri spiriti.
Dante lo colloca fra gli spiriti combattenti che si manifestano nel V Cielo del Paradiso, sotto l'influsso di Marte; il personaggio è introdotto nei Canti XV, XVI, XVII e XVIII del Paradiso, in posizione centrale nella Cantica data l'importanza delle parole che rivolgerà al poeta. Nel Canto XV Cacciaguida appare come una delle luci che formano la figura della croce, dalla quale si muove venendo incontro a Dante e rivolgendosi a lui come suo antenato. Il beato non rivela subito il proprio nome, ma dopo alcune parole incomprensibili a Dante egli invita il poeta a domandare liberamente. Dante gli chiede di manifestarsi e Cacciaguida afferma che suo figlio, Alighiero I (bisnonno del poeta) si trova da più di cent'anni nella I Cornice del Purgatorio. Prosegue poi delineando un quadro idilliaco dell'antica Firenze, città dai costumi austeri e pudichi dove la vita era sobria e operosa, nella quale Cacciaguida nacque e fu battezzato. Dopo aver detto il proprio nome, il beato dichiara che ebbe come fratelli Moronto ed Eliseo e di aver sposato una donna della Valpadana; racconta poi di essere partito per la Crociata, in cui morì per mano di quella gente turpa, giungendo da quel martirio direttamente al Paradiso.
Nel Canto XVI Dante chiede all'avo notizie dei suoi antenati, dell'epoca della sua nascita, della popolazione di Firenze e delle più importanti famiglie di quei tempi. Cacciaguida risponde di essere nato nel 1091, nel Sesto di Porta San Pietro (punto centrale della città); a quel tempo la popolazione fiorentina atta alle armi era un quinto di quella coeva a Dante e non c'era commistione tra le famiglie cittadine e quelle del contado, origine di gran parte dei mali della città. Il beato conclude con una carrellata delle principali famiglie fiorentine, accennando al declino e alla fine di alcune di esse.
Nel Canto XVII, centrale nella Cantica, Dante chiede infine a Cacciaguida notizie sulla sua vita futura, in particolare dell'esilio che più volte gli è stato predetto in modo oscuro all'Inferno e nel Purgatorio. L'avo risponde spiegando dettagliatamente a Dante le circostanze in cui dovrà lasciare Firenze e il fatto che sarà costretto a cercare il sostegno e la protezione di vari signori. Ben farà Dante a separarsi dagli altri esuli, sconfitti nella battaglia della Lastra, mentre lui troverà rifugio a Verona, presso i Della Scala e in particolare presso Cangrande, che mostrerà presto mirabili virtù.
A questo punto Dante è colto da un altro dubbio: se sarà costretto all'esilio e dovrà dipendere dall'aiuto di personaggi potenti, dovrà manifestare tutto ciò che ha visto nel suo viaggio col rischio di attirarsi inimicizie? Del resto, se sarà testimone reticente, teme di non ottenere la fama imperitura. Cacciaguida risponde in modo chiaro, dicendo a Dante che dovrà rivelare ogni cosa, anche se ciò all'inizio dispiacerà a più persone. Il suo ammonimento sarà come un vento che dovrà colpire le cime più alte e ciò sarà un grande titolo di onore; del resto, solo attraverso esempi noti a tutti potrà fissare nella mente dei lettori l'insegnamento affidato al suo poema.
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Personaggi e luoghi collegati
Arrigo VII - Beatrice - Bonifacio VIII - Cangrande - Carlo di Valois - Filippo il Bello - spiriti combattenti
V Cielo (Marte) - Firenze - Roma - Verona
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