Usurai
Sono i violenti contro Dio nell'operosità umana, in quanto si sono arricchiti grazie al denaro e non al duro lavoro. Dante li colloca nel terzo girone del VII Cerchio dell'Inferno, costretti a stare seduti nel sabbione arroventato dalla pioggia di fiammelle, e li descrive nel Canto XVII. Essi portano al collo una borsa, evidente simbolo della loro colpa, con lo stemma della famiglia cui appartennero in vita: Dante riconosce un membro della casata dei Gianfigliazzi, forse Catello di Rosso che esercitò l'usura in Francia, e un altro dannato appartenente alla schiatta degli Obriachi (entrambe le famiglie erano fiorentine). Un terzo è certamente Reginaldo Scrovegni, membro di un'antica famiglia padovana che fu usuraio così noto che il figlio, Arrico, fece erigere la famosa cappella poi affrescata da Giotto. Reginaldo profetizza la futura venuta nel girone di altri due usurai, il padovano Vitaliano del Dente e il fiorentino Giovanni di Buiamonte dei Becchi, nominato cavaliere e la cui colpa è per questo ancor più grave. Reginaldo mostra la lingua dopo aver parlato, quindi Dante si allontana.