Eresiarchi
Sono i capi delle sette eretiche puniti nel VI Cerchio dell'Inferno, dove giacciono entro tombe infuocate insieme a tutti i loro seguaci e sono tormentati in misura maggiore o minore a seconda del peccato commesso. Dante li introduce nei Canti IX-X dell'Inferno, citando in particolare Epicuro e i suoi seguaci che l'anima col corpo morta fanno (il che spiega bene il contrappasso: essi in vita proclamarono la mortalità dell'anima e ora, nella morte, le loro anime giacciono entro dei sepolcri).
Epicuro di Samo (341-270 a.C.), fondatore della dottrina ellenistica che si diffuse anche a Roma nei secc. II-I a.C., è in realtà solamente citato da Virgilio in Inf., X, 14: Dante ne aveva una conoscenza indiretta attraverso probabilmente i trattati di Cicerone, mentre è assai dubbia la sua conoscenza del De rerum natura di Lucrezio. In base alle dottrine epicuree, l'universo è regolato da leggi materiali e tutto è composto da atomi, inclusa l'anima che, dunque, è mortale (assurde sarebbero dunque le pene minacciate post mortem).
Oltre a Farinata Degli Uberti e a Cavalcante dei Cavalcanti, i due protagonisti del Canto X, Dante include tra gli epicurei anche l'imperatore Federico II di Svevia (1194-1250), che divenne re di Sicilia e raccolse alla sua corte letterati e intellettuali anche arabi, dando credito alla diceria che fosse eretico (fu infatti scomunicato da Gregorio IX), nonché il cardinale Ottaviano degli Ubaldini, appartenente a una potente famiglia ghibellina di Firenze e che condusse una vita mondana e spregiudicata, morendo in odore di eresia. Entrambi sono citati a Dante da Farinata come suoi compagni di pena.
Più avanti, all'inizio del Canto XI, verrà citato papa Anastasio II accanto alla cui tomba si rifugiano i due poeti, nell'attesa di abituare l'olfatto al puzzo che promana dal Cerchio sottostante: pontefice dal 496 al 498, secondo una diffusa tradizione avrebbe accolto a Roma il diacono Fotino della Chiesa orientale, il quale l'avrebbe indotto ad abbracciare l'eresia monofisita.
Epicuro di Samo (341-270 a.C.), fondatore della dottrina ellenistica che si diffuse anche a Roma nei secc. II-I a.C., è in realtà solamente citato da Virgilio in Inf., X, 14: Dante ne aveva una conoscenza indiretta attraverso probabilmente i trattati di Cicerone, mentre è assai dubbia la sua conoscenza del De rerum natura di Lucrezio. In base alle dottrine epicuree, l'universo è regolato da leggi materiali e tutto è composto da atomi, inclusa l'anima che, dunque, è mortale (assurde sarebbero dunque le pene minacciate post mortem).
Oltre a Farinata Degli Uberti e a Cavalcante dei Cavalcanti, i due protagonisti del Canto X, Dante include tra gli epicurei anche l'imperatore Federico II di Svevia (1194-1250), che divenne re di Sicilia e raccolse alla sua corte letterati e intellettuali anche arabi, dando credito alla diceria che fosse eretico (fu infatti scomunicato da Gregorio IX), nonché il cardinale Ottaviano degli Ubaldini, appartenente a una potente famiglia ghibellina di Firenze e che condusse una vita mondana e spregiudicata, morendo in odore di eresia. Entrambi sono citati a Dante da Farinata come suoi compagni di pena.
Più avanti, all'inizio del Canto XI, verrà citato papa Anastasio II accanto alla cui tomba si rifugiano i due poeti, nell'attesa di abituare l'olfatto al puzzo che promana dal Cerchio sottostante: pontefice dal 496 al 498, secondo una diffusa tradizione avrebbe accolto a Roma il diacono Fotino della Chiesa orientale, il quale l'avrebbe indotto ad abbracciare l'eresia monofisita.
Personaggi e luoghi collegati
Farinata Degli Uberti - Cavalcante dei Cavalcanti - Guido Cavalcanti
VI Cerchio (città di Dite) - Firenze - Roma
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