Pier della Vigna
Busto di P. della Vigna (XIII sec.)
Giurista originario di Capua, nel 1221 fu accolto come notaio alla corte di Federico II di Svevia
e ne divenne uno dei più stretti collaboratori, fino a partecipare
all'elaborazione delle Costituzioni di Melfi (1231). Nel 1246 fu
nominato protonotaro e logoteta del regno di Sicilia, giungendo al
culmine della potenza: caduto in disgrazia per ragioni ignote (ma
probabilmente vittima di maneggi di cortigiani), fu imprigionato dal
sovrano e accusato di tradimento (1249). Si uccise, forse a Pisa, dopo
essere stato accecato con un ferro rovente (sulla sua reale colpevolezza
non c'è accordo tra gli storici). Lasciò vari componimenti letterari,
in volgare e in latino.
Dante lo colloca tra i suicidi del secondo girone del VII Cerchio dell'Inferno, le cui anime sono imprigionate negli alberi di una selva. Il poeta lo incontra nel Canto XIII: Virgilio invita Dante a strappare un ramo da uno degli alberi, cosa che provoca la fuoriuscita di sangue e i lamenti del dannato. Questi si presenta poi come il potente ministro dell'imperatore, caduto in disgrazia a causa dell'invidia dei cortigiani e per questo ingiustamente accusato di tradimento. Pier della Vigna dichiara la propria innocenza, pregando Dante di riabilitare la propria fama nel mondo, quindi spiega a Virgilio in che modo le anime dei suicidi si leghino agli alberi della selva e precisa inoltre che, il giorno del Giudizio Universale, essi non si rivestiranno del proprio corpo ma ciascuno lo appenderà all'albero in cui l'anima è imprigionata. Il discorso del personaggio è un esempio di stile alto e solenne, pieno di raffinatezze e ricercatezze retoriche.
Dante lo colloca tra i suicidi del secondo girone del VII Cerchio dell'Inferno, le cui anime sono imprigionate negli alberi di una selva. Il poeta lo incontra nel Canto XIII: Virgilio invita Dante a strappare un ramo da uno degli alberi, cosa che provoca la fuoriuscita di sangue e i lamenti del dannato. Questi si presenta poi come il potente ministro dell'imperatore, caduto in disgrazia a causa dell'invidia dei cortigiani e per questo ingiustamente accusato di tradimento. Pier della Vigna dichiara la propria innocenza, pregando Dante di riabilitare la propria fama nel mondo, quindi spiega a Virgilio in che modo le anime dei suicidi si leghino agli alberi della selva e precisa inoltre che, il giorno del Giudizio Universale, essi non si rivestiranno del proprio corpo ma ciascuno lo appenderà all'albero in cui l'anima è imprigionata. Il discorso del personaggio è un esempio di stile alto e solenne, pieno di raffinatezze e ricercatezze retoriche.
Personaggi e luoghi collegati
Arpie - Federico II di Svevia - suicidi - violenti - Virgilio
VII Cerchio
Arpie - Federico II di Svevia - suicidi - violenti - Virgilio
VII Cerchio