Carlo II d'Angiò
Figlio (1248-1309) di Carlo I d'Angiò, detto lo Zoppo, sposò nel 1270 Maria d'Ungheria erede di quel trono; fatto prigioniero dagli Aragonesi nella guerra del Vespro (1284), fu liberato in seguito al trattato di Campofranco (1288) quando era ormai re di diritto per la morte del padre (1285). Proseguì fino al 1302 senza successo la lotta per riprendere la Sicilia, mentre in seguito alla morte del sovrano Ladislao IV impose come re d'Ungheria il figlio Carlo Martello, che però morì prima di lui (1295). Dal 1302 fino alla morte prese parte alla vita politica dei Comuni italiani, facendovi agire come vicario il figlio Roberto, in seguito re di Napoli.
Dante ne dà un giudizio molto severo, come in generale di tutti gli Angioini a eccezione dell'amico Carlo Martello: in Purg., VII, 124-129 lo cita indirettamente come erede di Carlo I e lo definisce inferiore al padre, tanto che se ne dolgono i domini da lui ereditati, Provenza e regno di Napoli. In XX, 79-81 Ugo Capeto lo irride per la sconfitta navale subita ad opera degli Aragonesi nel 1284, in seguito alla quale fu fatto prigioniero, quindi lo accusa di aver venduto la figlia Beatrice ad Azzo VIII d'Este in cambio di denaro, come fanno i corsar de l'altre schiave. Più avanti, in Par., VI, 106-108 Giustiniano ammonirà il sovrano di Napoli (esto Carlo novello) a non cercare di abbattere l'aquila imperiale facendosi alfiere del Guelfismo in Italia; mentre in XIX, 127-129 l'aquila, passando in rassegna le male azioni dei principi cristiani, afferma che nel giudizio divino si vedrà al Ciotto di Ierusalemme / segnata con un i la sua bontate, / quando 'l contrario segnerà un emme, versi di forse sarcasmo in cui Carlo II è detto spregiativamente Ciotto («Zoppo», con allusione al suo difetto fisico) e si dice che le sue buone azioni saranno contrassegnate con una «I» (uno), cioè saranno pochissime, mentre quelle malvage con una «M» (mille), cioè saranno numerose. L'ironia sta anche nel fatto che Carlo II era re di Gerusalemme, per quanto il titolo fosse solo onorifico, e le lettere «I» ed «M» erano l'iniziale e la finale di Ierusalem.
Dante ne dà un giudizio molto severo, come in generale di tutti gli Angioini a eccezione dell'amico Carlo Martello: in Purg., VII, 124-129 lo cita indirettamente come erede di Carlo I e lo definisce inferiore al padre, tanto che se ne dolgono i domini da lui ereditati, Provenza e regno di Napoli. In XX, 79-81 Ugo Capeto lo irride per la sconfitta navale subita ad opera degli Aragonesi nel 1284, in seguito alla quale fu fatto prigioniero, quindi lo accusa di aver venduto la figlia Beatrice ad Azzo VIII d'Este in cambio di denaro, come fanno i corsar de l'altre schiave. Più avanti, in Par., VI, 106-108 Giustiniano ammonirà il sovrano di Napoli (esto Carlo novello) a non cercare di abbattere l'aquila imperiale facendosi alfiere del Guelfismo in Italia; mentre in XIX, 127-129 l'aquila, passando in rassegna le male azioni dei principi cristiani, afferma che nel giudizio divino si vedrà al Ciotto di Ierusalemme / segnata con un i la sua bontate, / quando 'l contrario segnerà un emme, versi di forse sarcasmo in cui Carlo II è detto spregiativamente Ciotto («Zoppo», con allusione al suo difetto fisico) e si dice che le sue buone azioni saranno contrassegnate con una «I» (uno), cioè saranno pochissime, mentre quelle malvage con una «M» (mille), cioè saranno numerose. L'ironia sta anche nel fatto che Carlo II era re di Gerusalemme, per quanto il titolo fosse solo onorifico, e le lettere «I» ed «M» erano l'iniziale e la finale di Ierusalem.
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Gerusalemme - Napoli - Roma
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