Costanza d'Altavilla

Il matrimonio tra Costanza e Enrico VI
Figlia postuma (1154-1198) di Ruggiero II il Normanno, sposò nel 1186 a Milano il giovane Enrico VI, figlio del Barbarossa, tolta da un convento secondo una leggenda. Fu incoronata imperatrice a Roma nel 1191. Lasciata in Italia dal marito, fu fatta prigioniera da Tancredi, pretendente al trono siciliano; liberata da Celestino III, nel 1194 dette alla luce un figlio, il futuro imperatore Federico II. Morto Enrico VI, con abilità riuscì nel 1198 a far incoronare re di Sicilia il figlio Federico, che, morendo, affidò alla tutela di Innocenzo III.
Dante la include fra i beati del Paradiso, tra gli spiriti difettivi per inadempienza di voto che gli appaiono nel I Cielo della Luna (Par., III, 109-120): è Piccarda Donati a mostrarla, dicendo che è alla sua destra e si accende di tutto il lume del cielo dove si trovano. Aggiunge che fu monaca e che fu costretta a uscire dal monastero per sposarsi, come era accaduto a lei, anche se non si staccò mai dal vel del cor (rimase cioè fedele in cuore alla regola che aveva abbracciato). Piccarda conclude dicendo che la donna generò dal secondo imperatore di Svevia (Enrico VI) il terzo (Federico II) col quale la casata si estinse. Dante dà credito alla leggenda in base alla quale il papa l'avrebbe tolta dal monastero di Palermo in cui si era ritirata, per costringerla alle nozze da lui preparate con Enrico VI, anche se il fatto è palesemente falso (Costanza non fu infatti mai monaca). La donna è citata anche in Purg., III, 112-113, quando Manfredi di Svevia si presenta a Dante come nepote di Costanza imperatrice (il sovrano era figlio illegittimo di Federico II, quindi Costanza era la nonna).
Dante la include fra i beati del Paradiso, tra gli spiriti difettivi per inadempienza di voto che gli appaiono nel I Cielo della Luna (Par., III, 109-120): è Piccarda Donati a mostrarla, dicendo che è alla sua destra e si accende di tutto il lume del cielo dove si trovano. Aggiunge che fu monaca e che fu costretta a uscire dal monastero per sposarsi, come era accaduto a lei, anche se non si staccò mai dal vel del cor (rimase cioè fedele in cuore alla regola che aveva abbracciato). Piccarda conclude dicendo che la donna generò dal secondo imperatore di Svevia (Enrico VI) il terzo (Federico II) col quale la casata si estinse. Dante dà credito alla leggenda in base alla quale il papa l'avrebbe tolta dal monastero di Palermo in cui si era ritirata, per costringerla alle nozze da lui preparate con Enrico VI, anche se il fatto è palesemente falso (Costanza non fu infatti mai monaca). La donna è citata anche in Purg., III, 112-113, quando Manfredi di Svevia si presenta a Dante come nepote di Costanza imperatrice (il sovrano era figlio illegittimo di Federico II, quindi Costanza era la nonna).
Personaggi e luoghi collegati
Carlo I d'Angiò - Manfredi di Svevia - Piccarda Donati - spiriti difettivi
Antipurgatorio - spiaggia del Purgatorio - I Cielo (della Luna) - Roma
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