San Benedetto da Norcia
A. Mantegna, San Benedetto
Nato a Norcia nel 480 circa, è considerato il fondatore del monachesimo occidentale e le scarse notizie sulla sua biografia provengono quasi tutte dai Dialoghi di san Gregorio Magno (libro II). Proveniente da nobile famiglia, studiò a Roma e in seguito si ritirò a vita solitaria sui monti di Enfide, dove si trovavano già altri asceti tra cui il monaco Romano che si può considerare suo maestro. Chiamato a dirigere una comunità di religiosi a Vicovaro, fu costretto ad abbandonarla per l'indisciplina dei monaci e in seguito si rifugiò nella valle dell'Aniene, presso Subiaco (Sacro Speco), dove si unirono a lui vari discepoli e fondò dodici monasteri. L'ostilità di un prete sublacense, Fiorenzo, lo costrinse ad andarsene e, raggiunta la Via Latina, arrivò a Cassino tra il 525 e il 529: qui, sul monte dove sorgeva un tempio pagano, costruì un monastero dove poi ricevette la visita di Totila (542), mentre la sorella santa Scolastica ne eresse uno femminile nelle vicinanze. Morì a Montecassino dopo il 546. È raffigurato per lo più in veste di monaco, con in mano il libro della Regola e la cosiddetta «verga», probabilmente uno strumento per misurare il tempo; festa il 21 marzo.
Grande importanza ha la Regola da lui redatta, che costituisce il codice base del monachesimo occidentale: formata da un prologo e 73 capitoli, ci è giunta in tre recensioni diverse e ha come caratteristiche principali la moderazione e l'insistenza sulla vita in comune dei frati che sono sottoposti all'autorità dell'abate, visto come un padre per tutti i fratelli. L'abate fa le veci di Cristo e il monastero è immagine della Chiesa, oltre che rappresentare un piccolo stato autonomo e autosufficiente. Il monaco si dedica alla vita spirituale e materiale, mediante la preghiera liturgica e il lavoro (da cui il precetto ora et labora) ed è legato al monastero, ma tra un convento e l'altro la Regola non stabilisce nessun vincolo. L'Ordine benedettino va inteso come osservanza di detta Regola e non come gerarchia o governo: soltanto con papa Leone XIII si giungerà (1893) a formare la confederazione con un abate primate eletto ogni dodici anni da tutti gli abati benedettini e che rappresenta di fronte alla Santa Sede tutte le congregazioni, pur non possedendo l'autorità che spetta ai «generali» degli Ordini veri e propri, come Francescani e Domenicani.
Dante lo include tra gli spiriti contemplanti che si manifestano nel VII Cielo di Saturno, lungo la scala dorata che si erge verso l'alto: compare nella prima parte del Canto XXII del Paradiso, dopo il colloquio avuto dal poeta con Pier Damiani. Dante vede moltissime sfere luminose che ruotano insieme lungo i gradini della scala ed è san Benedetto, la più luminosa delle luci, a rivolgersi al poeta, che non osa parlare per timore di essere molesto. Il santo si presenta raccontando in breve la sua vita, ovvero di quando si recò a Cassino sul monte abitato da popolazioni pagane e le convertì al Cristianesimo, diffondendo poi il messaggio evangelico anche nei villaggi circostanti. Il beato spiega che le altre anime sono state tutti spiriti contemplanti sulla Terra, fra i quali Macario e Romualdo, nonché i benedettini che rimasero fedeli alla Regola nei loro chiostri. Dante a questo punto prende la parola e prega il beato di mostrarsi col suo vero aspetto, se possibile, ma Benedetto risponde che tale desiderio potrà essere appagato solo nell'Empireo, dove peraltro si adempiono i desideri di tutti i beati e dove finisce la scala d'oro, la stessa vista da Giacobbe nel sogno narrato nel libro della Genesi. Il beato prosegue dichiarando che ormai nessuno stacca da terra i piedi per salire la scala, ovvero per adorare Dio, e la sua Regola serve solo a sciupare la carta su cui è scritta, mentre i monasteri benedettini sono diventati spelonche e le tonache dei frati sono sacchi pieni di farina guasta. La più grave usura non spiace a Dio tanto quanto l'avidità dei monaci corrotti verso le decime, destinate a sfamare i più poveri, mentre ora i seguaci del suo Ordine sono allettati dal desiderio di ricchezza e non seguono l'esempio suo, né di san Pietro, né di san Francesco. Il santo conclude la sua rampogna verso i Benedettini degeneri con la promessa di un prossimo intervento divino, quindi si raccoglie con le altre anime e insieme ad esse sale verso l'alto.
San Benedetto viene citato ancora in Par., XXXII, 35 allorché san Bernardo spiega a Dante la disposizione dei beati nella candida rosa dell'Empireo e afferma che il santo siede nella stessa fila di Francesco e Agostino, sotto il più altro scanno di san Giovanni Battista (i tre santi sono accomunati dal fatto di aver fondato le rispettive Regole e gli Ordini).
Grande importanza ha la Regola da lui redatta, che costituisce il codice base del monachesimo occidentale: formata da un prologo e 73 capitoli, ci è giunta in tre recensioni diverse e ha come caratteristiche principali la moderazione e l'insistenza sulla vita in comune dei frati che sono sottoposti all'autorità dell'abate, visto come un padre per tutti i fratelli. L'abate fa le veci di Cristo e il monastero è immagine della Chiesa, oltre che rappresentare un piccolo stato autonomo e autosufficiente. Il monaco si dedica alla vita spirituale e materiale, mediante la preghiera liturgica e il lavoro (da cui il precetto ora et labora) ed è legato al monastero, ma tra un convento e l'altro la Regola non stabilisce nessun vincolo. L'Ordine benedettino va inteso come osservanza di detta Regola e non come gerarchia o governo: soltanto con papa Leone XIII si giungerà (1893) a formare la confederazione con un abate primate eletto ogni dodici anni da tutti gli abati benedettini e che rappresenta di fronte alla Santa Sede tutte le congregazioni, pur non possedendo l'autorità che spetta ai «generali» degli Ordini veri e propri, come Francescani e Domenicani.
Dante lo include tra gli spiriti contemplanti che si manifestano nel VII Cielo di Saturno, lungo la scala dorata che si erge verso l'alto: compare nella prima parte del Canto XXII del Paradiso, dopo il colloquio avuto dal poeta con Pier Damiani. Dante vede moltissime sfere luminose che ruotano insieme lungo i gradini della scala ed è san Benedetto, la più luminosa delle luci, a rivolgersi al poeta, che non osa parlare per timore di essere molesto. Il santo si presenta raccontando in breve la sua vita, ovvero di quando si recò a Cassino sul monte abitato da popolazioni pagane e le convertì al Cristianesimo, diffondendo poi il messaggio evangelico anche nei villaggi circostanti. Il beato spiega che le altre anime sono state tutti spiriti contemplanti sulla Terra, fra i quali Macario e Romualdo, nonché i benedettini che rimasero fedeli alla Regola nei loro chiostri. Dante a questo punto prende la parola e prega il beato di mostrarsi col suo vero aspetto, se possibile, ma Benedetto risponde che tale desiderio potrà essere appagato solo nell'Empireo, dove peraltro si adempiono i desideri di tutti i beati e dove finisce la scala d'oro, la stessa vista da Giacobbe nel sogno narrato nel libro della Genesi. Il beato prosegue dichiarando che ormai nessuno stacca da terra i piedi per salire la scala, ovvero per adorare Dio, e la sua Regola serve solo a sciupare la carta su cui è scritta, mentre i monasteri benedettini sono diventati spelonche e le tonache dei frati sono sacchi pieni di farina guasta. La più grave usura non spiace a Dio tanto quanto l'avidità dei monaci corrotti verso le decime, destinate a sfamare i più poveri, mentre ora i seguaci del suo Ordine sono allettati dal desiderio di ricchezza e non seguono l'esempio suo, né di san Pietro, né di san Francesco. Il santo conclude la sua rampogna verso i Benedettini degeneri con la promessa di un prossimo intervento divino, quindi si raccoglie con le altre anime e insieme ad esse sale verso l'alto.
San Benedetto viene citato ancora in Par., XXXII, 35 allorché san Bernardo spiega a Dante la disposizione dei beati nella candida rosa dell'Empireo e afferma che il santo siede nella stessa fila di Francesco e Agostino, sotto il più altro scanno di san Giovanni Battista (i tre santi sono accomunati dal fatto di aver fondato le rispettive Regole e gli Ordini).
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spiriti contemplanti - Beatrice - san Bernardo - san Bonaventura - Pier Damiani - san Domenico - san Francesco
Maria Vergine - Tommaso d'Aquino
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