San Giovanni Evangelista
Giotto, S. Giovanni (cappella Peruzzi)
Figlio di Zebedeo e fratello di san Giacomo Maggiore, è considerato dai Vangeli uno dei tre Apostoli prediletti da Gesù (gli altri due sono il fratello Giacomo e san Pietro); nel quarto Vangelo a lui attribuito (da cui l'epiteto Evangelista per distinguerlo da san Giovanni Battista) è descritto mentre appoggia il capo sul petto di Cristo durante l'Ultima Cena, mentre in seguito Gesù, morendo sulla croce, gli affida la madre Maria. Successivamente Maria Maddalena annuncia a lui e a Pietro che la pietra del sepolcro di Cristo è stata rimossa, cosicché entrambi vi accorrono e Giovanni giunge per primo; lo stesso Pietro domanderà poi al Risorto che cosa sarà di Giovanni, al che Cristo risponde che egli desidera che l'Apostolo rimanga finché Lui non sarà tornato, parole che contribuirono a diffondere la leggenda che Giovanni non sarebbe mai morto (è tuttavia lo stesso Evangelista a smentire tale credenza, Ioann., XXI, 22-23). Giovanni appare accanto a Pietro anche negli Atti degli Apostoli, dove è ricordato come uno degli Apostoli più importanti, mentre san Paolo (Gal., II, 9) lo indica come una delle colonne della Chiesa, insieme a Pietro e Giacomo. La tradizione successiva lo volle relegato sull'isola di Patmo, dove ebbe le rivelazioni esposte nel libro dell'Apocalisse di cui è autore riconosciuto, e sarebbe stato l'ultimo degli Apostoli a morire, vivendo sino ai tempi di Traiano; accomunato insieme al fratello Giacomo dalla profezia di Gesù (Marc., X, 39), si pensa che abbia subìto come lui il martirio. Nell'iconografia è rappresentato come giovane nelle scene della vita di Gesù, col capo reclinato sul Suo petto nell'Ultima Cena, o ancora dolente ai piedi della croce. Il suo simbolo, in quanto Evangelista, è l'aquila, mentre nel Medioevo sarà spesso raffigurato come un vegliardo dormiente, con allusione al carattere profetico dell'Apocalisse. La leggenda della sua immortalità generò anche quella della sua assunzione in Cielo al pari di Maria, ritenuta non impossibile da teologi quali san Tommaso d'Aquino e decisamente smentita dalla dottrina francescana. Festa il 27 dicembre.
Dante lo cita indirettamente nella processione mistica di Purg., XXIX, 88 ss., quando descrive i quattro animali che circondano il carro trionfale e che simboleggiano i quattro Evangelisti, uno dei quali è Giovanni (l'Apostolo è direttamente chiamato in causa quale autore dell'Apocalisse, fonte da cui Dante trae il particolare delle sei ali dei quattro animali, vv. 94-105). Più avanti, la processione è chiusa da sette personaggi che rappresentano i libri del Nuovo Testamento, l'ultimo dei quali è un vecchio solo che avanza dormendo, con la faccia arguta (vv. 142-144), comunemente interpretato come Giovanni autore dell'Apocalisse (il fatto che dorma si accorda col carattere ispirato e profetico dell'ultimo libro della Bibbia); il santo è certo anche uno dei quattro in umile paruta (v. 142) che simboleggiano le quattro Epistole cattoliche, una delle quali è attribuita proprio a Giovanni Evangelista. In XXXII, 76-81 Giovanni è ricordato come testimone della trasfigurazione di Cristo assieme a Pietro e Giacomo, narrata in Matth., XVII, 1-8, in quanto i tre furono appunto gli Apostoli prediletti da Gesù.
San Giovanni compare poi in Par., XXV, 100 ss., nell'VIII Cielo delle Stelle Fisse, dopo che san Giacomo ha terminato di esaminare Dante sulla speranza (nel Canto XXIV san Pietro aveva fatto la stessa cosa sulla fede, in quanto i tre erano interpretati dagli esegeti medievali come figura delle virtù teologali): il poeta vede una delle luci dei beati che formano delle corone danzanti accendersi di un bagliore intensissimo, dopodiché essa si stacca dalla sua corona e raggiunge le anime di Pietro e Giacomo, unendosi alla loro danza e al loro canto. Beatrice si affretta a dire a Dante che si tratta appunto di Giovanni, l'Apostolo prediletto da Cristo, quindi il poeta è preso dalla curiosità si vedere se nella luce del beato è visibile il suo corpo, per via della leggenda circa la sua assunzione in Cielo, e fissa il suo bagliore sino a rimanere abbagliato e temporaneamente cieco. Giovanni lo rimprovera affermando che ciò che Dante cerca non si trova lì ma sulla Terra, dove il suo corpo si sta decomponendo e resterà con gli altri fino al Giorno del Giudizio, mentre solo Cristo e Maria sono saliti in Paradiso col proprio corpo mortale (Dante è esortato a riferire ciò una volta tornato nel mondo). Alla fine di queste parole Dante tenta di guardare Beatrice, non riuscendovi in quanto completamente abbagliato, ma successivamente (XXVI) Giovanni lo rassicura dicendogli che la sua cecità è temporanea e che Beatrice gli restituirà presto la vista, poiché la donna ha la stessa virtù di Anania che ridiede la vista a san Paolo. Il santo esorta Dante a parlare della carità, per cui il poeta dichiara che oggetto del suo amore è Dio, mentre alla domanda su quale sia l'origine di questa virtù egli risponde che fonte della sua carità sono gli argomenti filosofici e l'autorità dei testi sacri, incluso lo stesso Vangelo giovanneo di carattere filosofico-teologico. Il santo gli chiede ancora di dichiarare ciò che lo spinge ad ardere di carità e Dante come stimolo ad amare indica l'esistenza del mondo e di se stesso, nonché la morte di Cristo, per cui egli ama tutte le creature del mondo tanto quanto esse sono amate da Dio; alla fine di tale discorso si ode in Cielo un dolcissimo canto, sottolineato dal grido di Beatrice che inneggia a Dio, quindi la donna guarda negli occhi di Dante e gli restuisce la vista, in tempo perché il poeta veda un quarto lume che apprenderà poco oltre trattarsi di Adamo.
In seguito, nel Canto XXXII, san Bernardo spiega a Dante che Giovanni occupa nella rosa dei beati il seggio accanto a san Pietro, alla destra di Maria.
Dante lo cita indirettamente nella processione mistica di Purg., XXIX, 88 ss., quando descrive i quattro animali che circondano il carro trionfale e che simboleggiano i quattro Evangelisti, uno dei quali è Giovanni (l'Apostolo è direttamente chiamato in causa quale autore dell'Apocalisse, fonte da cui Dante trae il particolare delle sei ali dei quattro animali, vv. 94-105). Più avanti, la processione è chiusa da sette personaggi che rappresentano i libri del Nuovo Testamento, l'ultimo dei quali è un vecchio solo che avanza dormendo, con la faccia arguta (vv. 142-144), comunemente interpretato come Giovanni autore dell'Apocalisse (il fatto che dorma si accorda col carattere ispirato e profetico dell'ultimo libro della Bibbia); il santo è certo anche uno dei quattro in umile paruta (v. 142) che simboleggiano le quattro Epistole cattoliche, una delle quali è attribuita proprio a Giovanni Evangelista. In XXXII, 76-81 Giovanni è ricordato come testimone della trasfigurazione di Cristo assieme a Pietro e Giacomo, narrata in Matth., XVII, 1-8, in quanto i tre furono appunto gli Apostoli prediletti da Gesù.
San Giovanni compare poi in Par., XXV, 100 ss., nell'VIII Cielo delle Stelle Fisse, dopo che san Giacomo ha terminato di esaminare Dante sulla speranza (nel Canto XXIV san Pietro aveva fatto la stessa cosa sulla fede, in quanto i tre erano interpretati dagli esegeti medievali come figura delle virtù teologali): il poeta vede una delle luci dei beati che formano delle corone danzanti accendersi di un bagliore intensissimo, dopodiché essa si stacca dalla sua corona e raggiunge le anime di Pietro e Giacomo, unendosi alla loro danza e al loro canto. Beatrice si affretta a dire a Dante che si tratta appunto di Giovanni, l'Apostolo prediletto da Cristo, quindi il poeta è preso dalla curiosità si vedere se nella luce del beato è visibile il suo corpo, per via della leggenda circa la sua assunzione in Cielo, e fissa il suo bagliore sino a rimanere abbagliato e temporaneamente cieco. Giovanni lo rimprovera affermando che ciò che Dante cerca non si trova lì ma sulla Terra, dove il suo corpo si sta decomponendo e resterà con gli altri fino al Giorno del Giudizio, mentre solo Cristo e Maria sono saliti in Paradiso col proprio corpo mortale (Dante è esortato a riferire ciò una volta tornato nel mondo). Alla fine di queste parole Dante tenta di guardare Beatrice, non riuscendovi in quanto completamente abbagliato, ma successivamente (XXVI) Giovanni lo rassicura dicendogli che la sua cecità è temporanea e che Beatrice gli restituirà presto la vista, poiché la donna ha la stessa virtù di Anania che ridiede la vista a san Paolo. Il santo esorta Dante a parlare della carità, per cui il poeta dichiara che oggetto del suo amore è Dio, mentre alla domanda su quale sia l'origine di questa virtù egli risponde che fonte della sua carità sono gli argomenti filosofici e l'autorità dei testi sacri, incluso lo stesso Vangelo giovanneo di carattere filosofico-teologico. Il santo gli chiede ancora di dichiarare ciò che lo spinge ad ardere di carità e Dante come stimolo ad amare indica l'esistenza del mondo e di se stesso, nonché la morte di Cristo, per cui egli ama tutte le creature del mondo tanto quanto esse sono amate da Dio; alla fine di tale discorso si ode in Cielo un dolcissimo canto, sottolineato dal grido di Beatrice che inneggia a Dio, quindi la donna guarda negli occhi di Dante e gli restuisce la vista, in tempo perché il poeta veda un quarto lume che apprenderà poco oltre trattarsi di Adamo.
In seguito, nel Canto XXXII, san Bernardo spiega a Dante che Giovanni occupa nella rosa dei beati il seggio accanto a san Pietro, alla destra di Maria.
Personaggi e luoghi collegati
Beatrice - san Benedetto - san Bernardo - san Bonaventura - Pier Damiani - san Domenico - san Francesco - san Giacomo - Maria Vergine san Pietro - san Paolo - san Tommaso d'Aquino
VIII Cielo (delle Stelle Fisse)
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