Pluto (Plutone)

Ade-Plutone (© Marie-Lan Nguyen / Wik. Comm.)
È il custode del IV Cerchio infernale (avari e prodighi), rappresentato da Dante all'inizio del Canto VII dell'Inferno. L'identificazione è problematica, dal momento che potrebbe essere Pluto, dio greco delle ricchezze (figlio di Iasione e Demetra), oppure Plutone, dio classico degli Inferi e sposo di Proserpina. È più probabile la seconda ipotesi, anche perché Plutone (detto anche Dite) era spesso interpretato nel Medioevo come figura diabolica ed era accostato alle ricchezze che sono custodite sottoterra.
Dante gli fa pronunciare parole apparentemente incomprensibili (VII, 1), che forse sono una bizzarra invocazione a Satana-Lucifero; Virgilio lo chiama maladetto lupo, anche se non è chiaro se il demone abbia effettivamente sembianze animalesche, né per quali ragioni Dante lo abbia trasformato in questo modo (né Pluto né Plutone erano descritti come lupi nel mito classico).
Virgilio lo zittisce con una formula analoga a quella già usata con Caronte (III, 95-96) e Minosse (V, 23-24), che è sufficiente a placare il demone, definito fiera crudele (come già Cerbero, VI, 13). Alla fine del Canto VI (115), Pluto veniva presentato come il gran nemico, espressione che avvalora la sua interpretazione come figura demoniaca («gran nemico» era detto anche Lucifero). Va poi ricordato che la lupa era già allegoria del peccato di avarizia (Inf., Canto I; Purg., Canto XX), quindi può darsi che ciò abbia influenzato Dante nella rappresentazione di Pluto in queste sembianze.
Dante gli fa pronunciare parole apparentemente incomprensibili (VII, 1), che forse sono una bizzarra invocazione a Satana-Lucifero; Virgilio lo chiama maladetto lupo, anche se non è chiaro se il demone abbia effettivamente sembianze animalesche, né per quali ragioni Dante lo abbia trasformato in questo modo (né Pluto né Plutone erano descritti come lupi nel mito classico).
Virgilio lo zittisce con una formula analoga a quella già usata con Caronte (III, 95-96) e Minosse (V, 23-24), che è sufficiente a placare il demone, definito fiera crudele (come già Cerbero, VI, 13). Alla fine del Canto VI (115), Pluto veniva presentato come il gran nemico, espressione che avvalora la sua interpretazione come figura demoniaca («gran nemico» era detto anche Lucifero). Va poi ricordato che la lupa era già allegoria del peccato di avarizia (Inf., Canto I; Purg., Canto XX), quindi può darsi che ciò abbia influenzato Dante nella rappresentazione di Pluto in queste sembianze.